TAVOLA ROTONDA – La montagna è per tutti: incontri possibili tra montagna e disabilità.

Un appuntamento che ha permesso di approfondire il rapporto tra disabilità e montagna e di confrontarsi e raccontare le proprie esperienze.
Pubblichiamo il nostro contributo sui temi proposti durante l’incontro:

La montagna è un luogo di confronto forte con la natura e con se stessi,
dunque di crescita e di sviluppo personale.
Dall’incontro tra uomo e montagna possono nascere grandi cose, diceva William Blake.
Come possiamo spiegare e declinare questa affermazione per la vostra esperienza personale?
E per le persone con disabilità?

La montagna, scalare sono, una mia grande passione e, come spesso fanno i padri, ho voluto coinvolgere anche Riccardo.
Purtroppo, a 9 anni, gli è stata diagnosticata una grave malattia neuro-degenerativa e ha cominciato manifestarne i sintomi, con problemi motori e difficoltà cognitive.
Nonostante le difficoltà, abbiamo continuato a fare le cose che ci piacevano, ad andare in montagna, ad arrampicare, ma soprattutto abbiamo sempre cercato di vivere nella normalità, a scuola, con i compagni, impegnandoci a trovare occasioni di condivisione, di stimolo, di confronto.
La montagna e la palestra sono stati, per lui, luoghi capaci di infondere la forza di imitare gli altri bambini, ottenendo risultati sorprendenti.
SULLATRACCIADIRICCARDO è un progetto che nasce dalla voglia di promuovere l’arrampicata anche per i ragazzi disabili.
Grazie all’entusiasmo e al sostegno di un gruppo di amici, abbiamo deciso di raccontare la storia di Riccardo e di creare occasioni per stimolare i ragazzi, le famiglie, gli operatori (associazioni, medici, fisioterapisti…) ad intraprendere un proprio percorso alla ricerca di nuove forme di riabilitazione e di integrazione.
Al primo evento, organizzato presso la palestra Rockspot, a Milano, il 18 febbraio 2017, hanno partecipato più di 300 persone, con 80 bambini, disabili e non, che hanno arrampicato insieme.
Con gli amici dell’Associazione “Progetto del Vento”, organizziamo serate di arrampicata, con l’aiuto degli istruttori della palestra Rockspot di Pero.
Abbiamo in programma nuovi eventi perché crediamo che la nostra testimonianza possa aiutare altri ragazzi e le loro famiglie, ad affrontare, con un nuovo approccio, la difficoltà di una condizione sfortunata.

La montagna è un ambiente affascinante, ma anche duro, severo, impervio,
anche temibile: sembrerebbe che per andare in montagna bisogna essere per forza “sani e di robusta costituzione”.
In che senso allora possiamo dire che “La Montagna è per tutti”?
Cosa si può fare/cosa serve per renderla/pensarla accessibile a chi è più fragile,
a chi ha una disabilità?

La montagna non è solo fatica, gesta eroiche, ambiente ostile e selvaggio. Questa immagine appartiene ad una visione del passato.
Si tratta di cercare i luoghi adeguati alla propria preparazione e condizione fisica.
Con un po’ di fantasia e di curiosità, si possono trovare percorsi facili e accoglienti, ma anche pareti e falesie dove arrampicare con difficoltà accessibili a tutti.

Per i ragazzi disabili, l’arrampicata è un terreno di gioco straordinario.
Il confronto con gli altri, estremamente difficile nel quotidiano, assume connotati nuovi sulle pareti verticali.
Quando si arrampica, entrano in gioco il coraggio, la determinazione, la fatica, tutti aspetti che un disabile può padroneggiare.
L’arrampica ha un valore simbolico, scalare comporta la presa di coscienza dei propri limiti e il tentativo, la voglia, di superare la condizione di difficoltà, di disagio, senza rinunciare a vivere piccole e grandi avventure.
È “disobbedienza” agli schemi proposti dai luoghi comuni, dai medici, dalla status di malattia, per provare ad andare oltre, per mettersi in gioco con un percorso che gratifica e aumenta la stima di sé.
Un atteggiamento che comporta fatica ma che regalerà storie da raccontare.

Si parla oggi tanto di montagna – terapia, soprattutto tra chi opera nel sociale
e in particolare nelle/con le strutture che si occupano di persone
con disabilità psichica, fisica,
o con disturbi psichiatrici o dipendenze. Cosa significa in specifico questa parola?
ma più in generale, in che senso la montagna può essere “terapeutica”?

La terapia presuppone un disagio che si vorrebbe curare, è strumentale.
Preferisco invece pensare alla montagna come un luogo fine a se stesso, da frequentare per conoscere meglio i propri limiti, per scoprire le proprie risorse ed accertarsi per come si è.
Questo vale per tutti, per chi ha delle difficoltà e per chi crede di non averne, per chi è fragile e per chi si sente forte, per chi percepisce un disagio e per chi lo scopre attraverso un percorso che scardina le convenzioni e apre nuove prospettive.
In montagna, si è tutti un po’ più aperti verso gli altri: quando ci si incontra su un sentiero ci si saluta, se qualcuno è in difficoltà, lo si aiuta.
L’ambiente, l’essere in un luogo selvaggio, a contatto con la natura predispone ad un atteggiamento di vicinanza.
Quando si arrampica si è sempre in due: uno scala e il compagno tiene la corda, affida all’altro la propria vita.
È un gesto simbolico importante, di grande fiducia e condivisione.
Inoltre, scalare può essere di grande aiuto anche sul piano fisico, è un’attività che richiede sforzo, coordinamento motorio, concentrazione, stimolando la muscolatura e il controllo del movimento.
Chi va in montagna è alla ricerca di qualcosa: un panorama, una conquista, il divertimento, i funghi…
La “terapia”, credo sia proprio la voglia di cercare e la ricchezza più grande, l’attenzione che si pone al mondo e alle persone intorno a noi.
Le persone fragili hanno un estremo bisogno di attenzione, in montagna possono trovarne più che in altri luoghi.